Notte di Capodanno con assai meno botti a Trieste
rispetto agli altri anni. I cittadini stanno divenendo consapevoli della pericolosità
di questo comportamento e per questo il WWF di Trieste li ringrazia.
Si deve tuttavia segnalare come sia iniziata una battaglia
contro le ordinanze comunali da parte della Associazione nazionale imprese
spettacoli pirotecnici, che ha fatto sospendere dal TAR Lazio l’ordinanza della
Sindaca di Roma.
Le giuste ordinanze dei sindaci italiani rischiano il
prossimo anno di non venir emanate per il timore di azioni giudiziarie. E’ importante
quindi che le associazioni di tutela ambientale e degli animali individuino per
tempo soluzioni normative che consentano l’adozione di questi provvedimenti.
I rischi derivanti dall’uso dei fuochi d’artificio
sono d’altra parte evidenti anche rispetto al pericolo di propagazione di
incendi, in particolare nei periodi di forte siccità. Lo abbiamo visto a San
Dorligo della Valle dove nella notte di Capodanno si è sviluppato un vasto
incendio sul Monte San Michele all’ingresso della Val Rosandra.
Abbandonare l’uso di petardi e fuochi artificiali a Capodanno per il WWF sarebbe un bel segno di civiltà e di rispetto per gli animali, l’ambiente e la nostra incolumità visto che i tradizionali botti sono spesso causa di morte, ferimenti e traumi per animali domestici e selvatici.
Ad esempio, molti non sanno che la quantità di veleni diffusi
nell’aria dall’esplosione di fuochi è particolarmente nociva,
con valori non trascurabili di potassio, stronzio, bario, magnesio, alluminio,
zolfo, titanio, manganese, rame, cromo e piombo. Alcuni studi provano come la
notte di capodanno si registri un inquinamento dell’aria, con particolare
riferimento alle polveri sottili, superiore a quello dell’attività di un anno
di numerosi inceneritori! Il danno è amplificato proprio dalla simultaneità
dell’evento, quando l’intero territorio è “bersagliato” da esplosioni
pirotecniche. Ci sono tradizioni che è giusto conservare, altre sulle quali è
preferibile far cadere l’oblio.
Gli effetti sulla fauna sono particolarmente pesanti e poco
noti: si stima che ogni anno in Italia almeno
5000 animali muoiano a causa dei botti di fine anno. Di questi circa l’80% sono animali selvatici, soprattutto uccelli, tra i quali non mancano casi di
rapaci, che spaventati perdono il senso dell’orientamento ed effettuano una
fuga istintiva rischiando di colpire un ostacolo a causa della scarsa
visibilità. Altri abbandonano il loro dormitorio invernale (alberi, siepi e
tetti delle case), vagano al buio anche per chilometri e non trovando altro
rifugio muoiono per il freddo a causa dell’improvviso dispendio energetico a
cui sono costretti in una stagione caratterizzata dalla scarsità di cibo che ne
riduce l’autonomia.
A ciò va aggiunto anche lo stress indotto dai botti, anch’esso
causa di morte frequente. Nei gatti, e soprattutto nei cani, un botto crea
stress e spavento da indurli a fuggire dai propri giardini e recinti, per
scappare dal rumore a loro insopportabile, finendo spesso vittime del traffico
o di ostacoli non visibili al buio.
L’effetto nefasto sugli animali è dovuto in particolare alla
soglia uditiva infinitamente più sviluppata e sensibile negli animali rispetto
a quella umana. L’uomo ha un udito con una percezione compresa tra le frequenze
denominate infrasuoni, intorno ai 15 hertz, e quelle denominate ultrasuoni,
sopra i 15.000 hertz. Cani e gatti, invece, hanno facoltà uditive di gran lunga
superiori: il cane fino a circa 60.000 hertz mentre il gatto fino a 70.000
hertz. Negli animali degli allevamenti come mucche, cavalli e conigli, le
conseguenze delle esplosioni possono provocare nelle femmine gravide
addirittura l’aborto da trauma da spavento.
WWF Trieste
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