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Il Blog del WWF Friuli Venezia Giulia

lunedì 6 febbraio 2017

POLVERI SOTTILI: QUALCHE CONSIDERAZIONE SULL’UTILITA’ DELLE RESTRIZIONI DEL TRAFFICO IN OCCASIONE DI EPISODI DI SUPERAMENTO DEI LIMITI DI LEGGE

Dal sito del Consiglio Nazionale dei Chimici
di  Pierluigi Barbieri
Presidente dell’Ordine dei Chimici di Trieste
Ogni inverno veniamo aggiornati dai media a proposito della qualità dell’aria che respiriamo nelle nostre città e campagne. Citando le più autorevoli agenzie internazionali si evidenziano quali siano in particolare gli importanti e diffusi effetti dell’inquinamento atmosferico avversi alla salute, con l’intento di mantenere i cittadini informati ed aggiornati anche sulle misure adottate dalle autorità ed istituzioni per la tutela della salute pubblica. Nonostante le politiche europee sulla qualità dell’aria abbiano indotto miglioramenti importanti a proposito, annualmente la cronaca recente mostra come vari centri urbani italiani superino i limiti indicati dalla legislazione europea per il particolato atmosferico PM10 e PM2.5. Tali limiti risultano comunque più alti rispetto alle concentrazioni raccomandate dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.

L’aumento delle concentrazioni di polveri nella bassa atmosfera segue infatti tendenze stagionali, con situazioni generalmente peggiori in inverno a causa dell’attività di sorgenti come il riscaldamento. Un’altra causa sono i fattori meteorologici, come la riduzione dell’altezza dello strato atmosferico di rimescolamento, che condiziona il volume d’aria in cui si diluiscono gli inquinanti emessi dalle attività civili e produttive. Nei casi critici invernali, frequenti in val Padana, si possono avere concentrazioni di fondo regionale alte, in considerazione della stagnazione delle masse d’aria, della scarsa altezza dello strato di rimescolamento, di basse velocità del vento in particolare durante la notte con accumulo in particolare di componenti secondarie come nitrato e solfato d’ammonio e particolato carbonioso secondario.
 Interventi che vorrebbero essere mirati alla riduzione delle emissioni di una singola tipologia di sorgente ma che di fatto risultano circoscritti nel tempo e nello spazio, come ad esempio le interruzioni o riduzioni del traffico per poche giornate nelle aree urbane, risultano poco o per nulla efficaci nel ridurre le concentrazione in massa di polveri nell’aria. Si può considerare che la distribuzione dimensionale del particolato nei periodi critici risulta costituita in modo spesso preponderante da particelle fini e ultrafini secondarie, che possono formarsi in atmosfera da precursori gassosi e che non possono venire efficacemente rimosse per deposizione secca nell’arco di singole giornate. La riduzione del traffico per periodi anche brevi può tuttavia avere comunque degli effetti benefici sulla riduzione della frazione carboniosa (black carbon) nelle polveri, che risulta associata a effetti sanitari.

 Un contenimento delle componenti secondarie e primarie delle polveri per la soluzione di questo importante problema sanitario - a cui sono attribuiti incrementi di mortalità e morbilità, effetti cardiovascolari di aterosclerosi, riproduttivi, respiratori, neurologici e cognitivi, nonché influenza su patologie come il diabete - richiede azioni strutturali di sistema. Ciò potrebbe essere infatti perseguito con investimenti che vanno anche nella direzione dell’efficientamento energetico e della sostanziale riduzione di emissioni di precursori del particolato come gli ossidi d’azoto e molecole organiche ossidabili, emessi da combustioni ad oggi impiegate nei trasporti e nel riscaldamento, e il controllo delle emissioni di azoto ammoniacale da allevamenti e fertilizzanti. Servono quindi adeguate campagne di informazione e formazione preventive, per il coinvolgimento della società intera verso nuove forme di economia, circolari e sostenibili. In questa opera, già di fatto avviata, i professionisti chimici che operano nei settori privato e pubblico, possono giocare un ruolo di sostanziale importanza.

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